Spaesato dalla diffusione su scala globale dell’estetizzazione e del manierismo visivo della musica contemporanea, confuso sul come inserire ancora una volta la propria vena polemica e artistica in un contesto di grande portata concettuale, Warner, ormai in una lotta solitaria e con comprimari ai margini del turnismo, produce un lavoro innocuo non solo rispetto alla sua incendiaria trilogia ma anche rispetto ai suoi lavori minori e laterali, un album che vuole essere inattuale fingendo di essere integrato, ma puzza di vacuità e pensiero debole. "Eat Me, Drink Me" è pieno, ad arte, di atmosfere tristi o romantiche per le ragazzine che chattano su Messenger: roba da scaricare e poi rifare in cameretta con la fender nuova per mettersi su Youtube e farsi vedere dalle darkettine che sognano il ragazzo più grande, gotico e alla moda. [Continua su Onda Rock]