Violenta, orrorifica, disturbante nella veste estetica quanto nella controversa sostanza ludica, la serie di Splatterhouse respirava ancora l’humus malvagio di certe produzioni cinematografiche dai budget non troppo elevati quando non di pura exploitation. Nel corso degli anni ’80, fino ai primi del decennio successivo, aveva avuto luogo una virul enta ed esaltante esplosione del filone orrorifico, con una tendenza alla visibilità cinematografica improntata al macabro e al disgustoso. Un simile filone estetico - perlopiù frequentato da early-teenagers disposti a espedienti di vario tipo per rimediare film vietati, dischi metal, sollievo dalle chiesette, pornografia e birre - non poteva non emanare e proliferare all’interno dell’esplosivo mezzo videoludico, con le sue arcade piene di giochi picchia-picchia e i rimescolamenti degli universi visivi più amati dai ragazzini.
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